“Non vedrete scorrere neanche una goccia di sangue”. Ma “E’ l’ora del delitto” e sul palco ci sono due esperti d’eccezione: Massimo Picozzi, criminologo, e Cristina Cattaneo, medico legale.
Davanti a una sala strapiena i due esperti chiariscono subito che la realtà delle indagini non ha niente a che fare con quella dei film o delle serie televisive alla Criminal Minds: le difficoltà sono moltissime sia per le scienze forensi che per le testimonianze.
La spina nel fianco della medicina legale è proprio l’ora del delitto. “La medicina legale usa strumenti un po’ antichi: valutiamo ancora il rigor mortis e l’algor mortis, cioè la rigidità e la temperatura del corpo, ma non ci sono risposte così nette, ma un range di orario. E’ solo un mosaico del puzzle – sottolinea Cristina Cattaneo – La modernità della scienza entra in campo, invece, con i cadaveri in decomposizione o con gli scheletri grazie anche alla collaborazione della botanica, per esempio, se lo scheletro è stato trovato in un bosco. Anche il geologo può aiutare con lo studio del terreno sotto lo scheletro e l’archeologo. Il mondo delle scienze può dare tanto per ricostruire l’ora del delitto”.
Casi, aneddoti e storie di delitti irrisolti danno il ritmo al dibattito. “Le scienze forensi sono interpretabili se non hai regole precise – rileva il medico legale – I metodi devono essere accettati dalla comunità scientifica. Poi però ci sono delle attività che sono molto più interpretabili e soggettive come i sopralluoghi, per esempio”.
Sulle testimonianze ci sono grandi difficoltà, chiarisce Picozzi. Non a caso “in questi ultimi 15 anni negli Stati Uniti sono riusciti a far assolvere 360 persone precedentemente condannate sulla base di testimoni oculari”. Non c’è dubbio, aggiunge il criminologo, che i casi più affascianti siano i cold case. Nel parco del Ticino il team di Cristina Cattaneo seppellisce maiali morti per cause naturali, con vestiti, ciocche di capelli, per valutare gli effetti del tempo sui corpi.
I tempi delle indagini dipendono da molti fattori: “se il dna deve essere tirato fuori da una vittima morta da un po’ di tempo e gli organi non sono ben conservati ci vuole del tempo. Oggi c’è la tematica dei migranti morti nel Mediterraneo: non conosciamo molto bene le caratteristiche genetiche di quelle popolazioni. Ci stiamo lavorando”.